Roma, Società Dante Alighieri
Piazza Firenze 27

29 novembre – 7 dicembre 2012  Inaugurazione 28 novembre, ore 18

 

 

Orario: 

lunedì  > venerdì  15 - 19 

sabato 9 - 14

Ingresso Libero

 

Francesca

e il Risorgimento

Il mito di Francesca da Rimini

dalla rivoluzione giacobina a Trieste liberata

Cimeli in mostra alla Dante Alighieri

 

POLVE D’EROI NON È LA POLVE TUA?
Francesca, musa ed eroina dell’Italia unita

Uniti … Sempre saremo d’ora innanzi…
Per chi di stragi si macchiò il mio brando? | Per lo straniero. E | non ho patria forse | Cui sacro sia de’ cittadini il sangue? | Per te, per te, che cittadini hai prodi, | Italia mia, combatterò; se oltraggio | Ti moverà la invidia. E il più gentile | Terren non sei di quanti scalda il sole? | D’ogni bell’arte non sei madre, o Italia? | Polve d’eroi non è la polve tua?
Silvio Pellico, Francesca da Rimini, Milano 1818, Atto I, scena IV.

Ancor prima che l’icona di Marianna, la bella e agguerrita francese nata sugli spalti della Bastiglia, iniziasse a trionfare con il berretto frigio nelle piazze del Bel Paese grazie a Napoleone, il cuore degli italiani aveva già cominciato a palpitare per una eroina della Libertà tutta nostrana: Francesca da Rimini. Certo, la creatura dei versi sublimi di Dante, la figlia di Guido da Polenta, sposa per procura a Gianciotto Malatesti come vuole la “tradizione” letteraria, per cinque secoli era stata relegata dalla cultura dell’ancien regime al ruolo di lussuriosa tra le fiamme dell’inferno, conosciuta e amata da pochi, indicata come emblema di un peccato da abborrire da molti.

Ma nel 1795, un anno prima dell’arrivo in Italia di alberi della libertà al suono della Marsigliese, ecco un poemetto a lei dedicato da un giacobino in fuga, il romano Francesco Gianni, trasformarla in vittima innocente ed eroica di leggi crudeli e di un inganno matrimoniale voluto dal bieco potere di un mondo spietato.

Ed ecco nascere ed esplodere l’eroina della dignità e del riscatto da oppressioni, dell’amore eterno, della fedeltà, della passione che tutto vince, anche la morte. Che ben presto diventa un mito romantico per eccellenza grazie a centinaia e centinaia di artisti che, a partire da Gianni, la celebrano in ogni forma espressiva: dalla poesia al teatro, dalla musica alla pittura.

Un’eroina portatrice di valori positivi: amore, forza, passione e coraggio. Valori tutti italiani.

Creatura ideale per infuocare i cuori dei combattenti per la rinascita della Nazione che si stava attrezzando per liberarsi dai domini stranieri e conquistare la sua unità e la sua indipendenza. Così, dagli inizi dell’Ottocento fino a quando anche Trieste viene liberata nel 1918, non c’è barricata e battaglia sul suolo italiano che non vede in prima fila qualche patriota, artista o no, inneggiare alla “Bella di Arimino”, al suo coraggio, alla sua bellezza e alla sua italianità.

E al suo mitico bacio. Bacio che con il celebre dipinto di Ingres è in bella mostra nella quadreria di Gioachino Murat,nel cui proclama del 1815 da Rimini compare per la prima volta il richiamo all’Indipendenza italiana.

Francesca c’ nella quadreria della Malmaison con una tela di Coupin de La Couperie ammirata da Giuseppina di Beauharnais. E’ negli appartamenti reali parigini dove Francesco Gianni declama le sue odi per la famiglia Bonaparte.

E’ nelle corde di Byron carbonaro a Ravenna che dedica la traduzione in inglese del V canto all’amata Teresa prima di andare a morire per la libertà della Grecia.

E’ nel cuore di Silvio Pellico che scrive titolando a Francesca la più celebre tragedia dell’Ottocento tradotta in tutte le lingue e rappresentata in tutti i teatri del mondo.

E non c’è padre della Patria, poi, che non ha avuto a che fare in una qualche maniera con l’affascinante Francesca nata giacobina ma convertitasi alla bellezza e all’amore, anche di patria. Mazzini, nell’incipit del suo primo scritto politico Una notte a Rimini nel 1831, la evoca insieme ai valori irrinunciabili della nuova Italia, il Dante, il genio, l’amore, Dio e la libertà…

Garibaldi la incontra nelle vesti dell’eroina di Pellico al Teatro di Montevideo quando, nel 1842, ancora colonnello, combatte per la libertà dell’Uruguay con la sua Legione Italiana.

Cavour intrattiene con Francesca continui affari “diplomatici” affidando alla celebre attrice Adelaide Ristori, Francesca per eccellenza sulle scene teatrali dell’Ottocento, la missione di ingraziarsi le simpatie per la causa italiana presso le corti russe e tedesche approfittando della sue tournéé con le quali affascinava principi e generali con la tragedia di Pellico. Attrice, la Ristori, che il Conte Camillo definisce l’”Apostolo del regno d’Italia” per i suoi impareggiabili servigi patriottici di ambasciatrice di italianità nei salotti culturali di mezzo mondo, oltre che per l’impegno sulle barricate della Repubblica romana del 1849.

Diversi e non proprio culturali, invece, i rapporti del “Re galantuomo” con le Francesche del tempo. L’ancora giovane duca di Savoia, assiduo frequentatore di camerini di teatro e delle attrici che ospitavano, si ritrovò con una paternità, mai riconosciuta, di una piccola Emanuela fi glia dell’attrice Laura Bon, reginetta dei teatri piemontesi anche nei panni di Francesca.

Vittorio Emanuele II a parte, Francesca che accompagna le pulsioni dell’Ottocento italiano ed europeo volte a recuperare identità, valori, culture e nazioni, non è una bellezza da alcova ma una donna forte e decisa che lotta per il trionfo dell’amore e della passione, con amore e con passione, paladina ideale di chi combatte, anche a costo della vita, per la causa italiana, repubblicano o savoiardo che sia. Lo testimoniano le schiere di artisti, celebri o sconosciuti, che, incantati dal suo fascino, le hanno dedicato più di settecento opere tra il 1795 e il 1900. Opere entrate nel cuore e nelle case degli italiani che hanno contribuito a mantener vivo ancor oggi, dopo due secoli dalla sua nascita, il bisogno di lottare per la dignità, la libertà e il rispetto delle persone, uomini o donne che siano. Valori irrinunciabili in una civiltà degna di tal nome.

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