Rimini, Museo della Città Via L. Tonini 1
15 marzo – 25 aprile 2011
Orario: martedì > sabato 9 - 13 / 17 - 19 domenica e festivi 10 - 12,30 / 15 - 19
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Francesca d'Italia Francesca da Rimini dalla rivoluzione giacobina a Trieste liberata Centocinquanta cimeli in mostra per il centocinquantenario dell’Unità d’Italia
POLVE D’EROI NON È LA POLVE TUA?
Uniti
… Sempre saremo d’ora innanzi…
Per
chi di stragi si macchiò il mio brando? | Per lo straniero. E
non
ho patria forse | Cui sacro sia de’ cittadini il sangue? | Per
te,
per te, che cittadini hai prodi, | Italia mia, combatterò; se
oltraggio | Ti moverà la invidia. E il più gentile | Terren non
sei
di quanti scalda il sole? | D’ogni bell’arte non sei madre, o
Italia? | Polve d’eroi non è la polve tua?
Silvio
Pellico, Francesca da Rimini, Milano 1818, Atto I, scena
IV.
Ancor
prima che l’icona di Marianna, la bella e agguerrita
francese
nata sugli spalti della Bastiglia, iniziasse a trionfare
con il
berretto frigio nelle piazze del Bel Paese grazie a
Napoleone, il cuore degli italiani aveva già cominciato
a
palpitare per una eroina della Libertà tutta nostrana:
Francesca da Rimini. Certo, la creatura dei versi sublimi di
Dante,
la fi glia di Guido da Polenta, sposa per procura a
Gianciotto Malatesti come vuole la “tradizione” letteraria, per
cinque secoli era stata relegata dalla cultura dell’
Ma nel 1795, un anno prima
dell’arrivo in Italia di alberi della libertà al suono
della
Marsigliese, ecco un poemetto a lei dedicato da un
giacobino in fuga, il romano Francesco Gianni, trasformarla
in
vittima innocente ed eroica di leggi crudeli e di un inganno
matrimoniale voluto dal bieco potere di un mondo spietato.
Ed ecco
nascere ed esplodere l’eroina della dignità e del
riscatto
da oppressioni, dell’amore eterno, della fedeltà,
della
passione che tutto vince, anche la morte. Che ben presto
diventa
un mito romantico per eccellenza grazie a centinaia
e
centinaia di artisti che, a partire da Gianni, la celebrano in
ogni
forma espressiva: dalla poesia il teatro, dalla musica
alla
pittura. Un’eroina portatrice di valori positivi: amore,
forza,
passione e coraggio, tutti italiani.
Creatura
ideale per infuocare i cuori dei combattenti per la
rinascita della Nazione che si stava attrezzando per liberarsi
dai
domini stranieri e conquistare la sua unità e la sua
indipendenza.
Così,
dagli inizi dell’Ottocento fi no a quando anche Trieste viene
liberata nel 1918, non c’è barricata e battaglia sul suolo
italiano
che non vede in prima fi la qualche patriota, artista o no,
inneggiare alla “Bella di Arimino”, al suo coraggio, alla sua
bellezza e alla sua italianità. E al suo mitico bacio.
Bacio
che con il celebre dipinto di Ingres è in bella mostra nella
quadreria di Gioachino Murat,nel cui proclama del 1815 da Rimini
compare per la prima volta il richiamo all’Indipendenza
italiana.
E’ nella quadreria della Malmaison con una tela di Coupin
de La Couperie ammirata da Giuseppina di Beauharnais.
E’ negli
appartamenti reali parigini dove Francesco Gianni
declama
le sue odi per la famiglia Bonaparte.
E’ nelle corde di Byron
carbonaro a Ravenna che dedica la traduzione
in
inglese dei versi del V canto all’amata Teresa prima di
andare a morir combattendo per la libertà della Grecia.
E’ nel
cuore di Silvio Pellico che scrive titolando a Francesca la più
celebre tragedia dell’Ottocento tradotta in tutte le lingue e
rappresentata in tutti i teatri del mondo.
E non
c’è padre della Patria, poi, che non ha avuto a che fare in una
qualche maniera con l’affascinante Francesca nata giacobina ma
convertitasi alla bellezza e all’amore, anche di patria.
Mazzini, nell’incipit del suo primo scritto politico Una notte a
Rimini nel 1831, la evoca insieme ai valori irrinunciabili della
nuova Italia, il Dante, il genio, l’amore, Dio e la libertà…
Garibaldi la incontra nelle vesti dell’eroina di Pellico al
Teatro di Montevideo quando, nel 1842, ancora colonnello,
combatte per la libertà dell’Uruguay con la sua Legione
Italiana. Cavour intrattiene con Francesca continui affari
“diplomatici” affidando alla celebre attrice Adelaide Ristori la
missione di ingraziarsi le simpatie per la causa italiana presso
le corti russe e tedesche approfittando della sue tournéé
teatrali con le quali affascinava principi e generali nelle
vesti della Francesca di Silvio Pellico. Attrice, la Ristori,
che il Conte Camillo definisce l’”Apostolo del regno d’Italia”
per i suoi impareggiabili servigi patriottici di ambasciatrice
di italianità nei salotti culturali di mezzo mondo, oltre che
per l’impegno sulle barricate della Repubblica romana del 1849.
Diversi
e non proprio culturali, invece, i rapporti del “Re galantuomo”
con le Francesche del tempo.
L’ancora
giovane duca di Savoia, assiduo frequentatore di camerini di
teatro e delle attrici che ospitavano, si ritrovò con una
paternità, mai riconosciuta, di una piccola Emanuela fi glia
dell’attrice Laura Bon, reginetta dei teatri piemontesi anche
nei panni di Francesca. Vittorio Emanuele II a parte, Francesca
che accompagna le pulsioni dell’Ottocento italiano ed europeo
volte a recuperare identità, valori, culture e nazioni, non è
una bellezza da alcova ma una donna forte e decisa che lotta per
il trionfo dell’amore e della passione, con amore e con
passione, paladina ideale di chi combatte, anche a costo della
vita, per la causa italiana, repubblicano o savoiardo che sia.
Lo
testimoniano le schiere di artisti, celebri o sconosciuti, che,
incantati dal suo fascino, le hanno dedicato più di settecento
opere tra il 1795 e il 1900.
Opere
entrate nel cuore e nelle case degli italiani che hanno
contribuito a mantener vivo ancor oggi, dopo due secoli dalla
sua nascita, il bisogno di lottare per la dignità, la libertà e
il rispetto delle persone, uomini o donne che siano. Valori
irrinunciabili in una civiltà degna di tal nome.
ferruccio farina
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