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Tra fantasia e realtà Spazi e luoghi dell'immaginario romantico GIORNATE INTERNAZIONALI FRANCESCA DA RIMINI X edizione Gradara, Rocca Malatestiana, agosto-settembre 2018 Milano, Museo Poldi Pezzoli, 27 novembre
PELLICO '200 E FRANCESCA D'ITALIA Il poeta patriota e l’eroina della Libertà.
Cimeli in mostra nel bicentenario della prima
edizione della tragedia Francesca da Rimini di Silvio
Pellico
a cura di Ferruccio Farina Gradara, Palazzo Rubini Vesin, 15 settembre – 7 ottobre 10,30 – 12,30 | 16,30 – 18,30 | tutti i giorni Aperta al pubblico, ingresso libero
Nel 1814, quando il venticinquenne Silvio Pellico si accingeva a scrivere la sua Francesca da Rimini, mai avrebbe immaginato che quella sua fatica letteraria sarebbe diventata la tragedia più amata e più rappresentata per quasi un secolo a venire con straordinario successo internazionale. Una Francesca che aveva costruito ricolma di pudore, d’amor filiale e di fedeltà, profondamente diversa dalla peccatrice lussuriosa dei versi danteschi. Che mai peccò e che mai baciò il giovane di cui era innamorata. Certo, anche in lei, la passione e l’istinto erano forti, ma le virtù e le regole della pudicizia erano invalicabili e le pulsioni andavano respinte con fermo coraggio. Personaggio ideale per rappresentare la nobiltà d’animo di chi, vittima di inganni nell’esigenza più intima dell’amore, risponde all’ingiustizia, molto romanticamente, con la morte. Tre sono le istanze che la tragedia propone. Due riguardano il diritto alla libertà del più naturale dei sentimenti: il matrimonio deve essere una libera scelta e l’amore non deve uccidere. Chiara è anche la metafora suggerita agli italiani che si apprestavano a lottare per l’indipendenza: Francesca è l’Italia, schiava delle oppressioni e delle ingiustizie. Solo con la forza della passione, l’onore e l’eroismo che non teme la morte, può liberarsi delle catene del servaggio straniero. Francesca da Rimini, tragedia in cinque atti di Pellico, fu rappresentata per la prima volta al teatro Re di Milano il 18 agosto 1815 da Carlotta Marchionni (Francesca), da Luigi Domeniconi (Paolo il bello). Ebbe un successo immediato che si accentuò dal marzo 1818 all’apparire dell’edizione a stampa curata da Lodovico Di Breme. E che assunse dimensioni europee dopo che Pellico, condannato a morte per cospirazione segreta nel 1822, soffrì la dura prigionia allo Spielberg fino alla grazia che ottenne nel 1830. Le edizioni a stampa della tragedia che si susseguirono dal 1818 al 1850 furono più di sessanta, tantissime per i tempi, per diventare nella seconda metà dell’Ottocento un successo editoriale incommensurabile, con traduzioni in francese (dal 1822), in tedesco (dal 1835) e in inglese (dal 1837). Una sorta di monopolio letterario e teatrale, quello del poeta-patriota, che restò saldo fino al dicembre 1901, quando Gabriele d’Annunzio, altro poeta-patriota, portò alla luce un’altra grande Francesca che, dall’eroina ‘pura e fedele’, raccolse il testimone per affermare, nel secolo a venire, nuove libertà d’amore e di passione. L’esposizione PELLICO 200 E FRANCESCA D’ITALIA, attraverso sessanta preziosi documenti d’epoca, ripercorre le tappe del successo dell’opera e dei personaggi che l’hanno accompagnata al successo.
Info: Gradara Innova | info@gradarainnova.it | +39 0541 964673 | +39 331 1520659
L’immagine guida delle Giornate 2018 è una libera elaborazione da Gaetano Previati, Paolo e Francesca, c. 1887. Bergamo, Fondazione Accademia Carrara
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